martedì 25 marzo 2008
Dal consumo di carne il 30% delle emissioni mondiali
La carne che fa meno male al Pianeta
Scegliere polli non cresciuti in gabbia non è importante solo per il gusto e la qualità
Dall'accrescimento forzato degli animali danni pesanti per salute e ambiente
Bianca, biologica e allevata libera la carne che fa meno male al Pianeta
23 marzo 2008
http://www.repubblica.it/
di VALERIO GUALERZI
Polli in allevamento
ROMA - E' un sentiero stretto quello che deve percorrere il consumatore, responsabile ma deciso a non fare sparire la carne dalla sua tavola. I margini per comportarsi in maniera eco compatibile senza rinunciare alla bistecca o al pollo arrosto sembrano essere davvero esigui. Se l'aggettivo viene ormai associato un po' a tutto, dall'energia ai trasporti, dal turismo all'agricoltura -gli ecologisti integralisti lo considerano più che altro un ossimoro di comodo- definire un allevamento "sostenibile" è qualcosa che rimane difficile anche ai più pragmatici.
"Se prendiamo in esame quello che accade nella zootecnia bovina c'è davvero poco a cui aggrapparsi", spiega Guglielmo Donadiello, responsabile agricoltura di Legambiente. "Le pratiche d'ingrassamento rese necessarie dal consumo di carne rossa su larga scala sono sostanzialmente incompatibili con qualsiasi concetto di sostenibilità. Le cosiddette vacche 'nutrici' possono anche essere lasciate pascolare in libertà, ma tutto finisce quando avviene il ristallo e devono essere rimpinzate di soia proveniente in massima parte dalle coltivazioni intensive dell'America Latina, con gli enormi costi ambientali (trasporto, deforestazione, inquinamento) che questo comporta".
I cultori dello Slow Food e delle razze autoctone da crescere al pascolo non saranno d'accordo, ma sul potenziale di questa alternativa Donadiello è scettico. "All'attuale ritmo dei consumi - dice - tutti i capi di Piemontese e Chianina non sarebbero in grado di sfamare Milano e Roma per più di qualche mese". "L'unica vera alternativa - aggiunge - potrebbero essere gli allevamenti biologici", dove non solo sono messi al bando determinati tipi di mangimi, ma gli animali sono lasciati crescere in libertà e più lentamente.
In Italia, stando all'ultimo rapporto Ismea, sono però una rarità: quelli con oltre cento capi di bestiame censiti nel 2007 sono in tutto 13. Comprare carne bovina biologica in Italia significa quindi quasi sempre comprarla d'importazione, con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista dell'inquinamento prodotto dal trasporto.
Va un po' meglio se dalla carne rossa ci si sposta su quella bianca, e non solo perché a parità di chili prodotti la quantità di CO2 emessa cala decisamente. Nel campo avicolo gli allevamenti "sostenibili" sono infatti più facili da realizzare e malgrado il forte ritardo che ci distingue dal resto d'Europa, anche qualche gigante del settore come Amadori ha iniziato a darsi da fare. "Fermo restando che malgrado la forte differenza di prezzo la scelta migliore resta quella del biologico, stanno iniziando a diffondersi anche degli allevamenti 'convenzionali' dove gli animali sono tenuti in libertà", spiega Donadelli. Le differenze rispetto a quelli cresciuti in gabbia sono fondamentali, non solo per le evidenti ragioni "animaliste".
"Tenuti liberi - precisa ancora Donadelli - polli e tacchini hanno il tempo di crescere fino a circa ottanta giorni anziché i trenta delle gabbie. Questo significa che non devono essere pompati immediatamente con le proteine della solita soia importata, ma hanno il tempo di assimilare quelle di orzo e altri cereali, incamerando anche i sali minerali importanti per la nostra alimentazione".
martedì 18 marzo 2008
Carbon Neutral World Cup
Il Costa Rica è primo nel mondo
La "gara" consiste nel bilanciare la produzione di anidride carbonica
con qualcosa che sia in grado di catturare i gas serra, come una foresta
Il governo di San Josè sostiene di aver raggiunto l'obiettivo
13 marzo 2008
http://www.repubblica.it/
di LUIGI BIGNAMI

Raggiungere la "neutralità" delle emissioni di anidride carbonica significa bilanciare le emissioni di gas serra che si producono bruciando i combustibili fossili, con qualcosa che sia in grado di catturarli, come ad esempio un'estesa foresta.
In questi giorni Roberto Dobles, Ministro costaricano dell'Ambiente e dell'Energia sostiene che il suo Paese si è aggiudicata la gara avendo raggiunto l'obiettivo di essere un "paese neutro".
"Avevamo capito da tempo che i cambiamenti climatici sono probabilmente la maggiore sfida dell'umanità dei nostri giorni ed è responsabilità di ciascuno combatterli", ha spiegato Dobles in una conferenza stampa a San Josè.
Ma come è riuscito il Costa Rica, poco più di quattro milioni di abitanti, a raggiungere l'obiettivo? Lavorando su strade diverse. Da un lato è riuscito a produrre l'80 per cento della propria energia da fonti rinnovabili, come l'acqua e il vento, dall'altro ha ampliato la biosfera tropicale che nel Paese trova le condizioni ideali per potersi sviluppare. Con una superficie grande solo un sesto dell'Italia il Costa Rica possiede circa il 5 per cento delle specie di piante e di animali del mondo.
Nonostante che la deforestazione sia ancora in atto in alcune aree del paese, il governo ha superato di molto gli obiettivi che si era posto nel rendere più verde il territorio. Più di sei milioni di alberi sono stati piantati nel solo 2007, superando l'obiettivo di un milione che le autorità si erano proposte all'inizio dell'anno. Per il 2008 l'obiettivo è di sette milioni. "Quasi due piante per ogni abitante", ha sottolineato il Ministro.
C'è comunque chi fa notare, soprattutto alcune agenzie per la tutela dell'ambiente, che il governo ha deciso di iniziare le ricerche di petrolio in mare. Quindi quanto fatto finora potrebbe essere vanificato in poco tempo. Risponde Dobles: "In questo momento il paese vede aumentare giorno dopo giorno la richiesta di energia e finché non saremo totalmente autonomi dal petrolio non potremo farne a meno neanche noi. Tuttavia il nostro impegno è fortemente rivolto nello sviluppo dell'utilizzo dell'idrogeno su cui stiamo investendo moltissimo".
Un'altra critica riguarda il modo con il quale si è sviluppato il turismo in alcune aree dove numerosi e grandi villaggi turistici hanno profondamente alterato l'ambiente. Oggi una dozzina di voli settimanali dagli Stati Uniti porta in continuazione turisti in Costa Rica.
"Anche a questo - risponde il ministro - abbiamo cercato di dare una risposta. Il piano di sviluppo turistico dei prossimi anni prevede solo hotel "verdi" che non lascino alcun debito di anidride carbonica dietro di sé".
C'è da chiedersi ora se davvero il Costa Rica è giunto primo nella "Carbon-neutral World Cup", a quale distanza arriverà il gruppetto degli inseguitori e quando giungerà al traguardo il gruppo che ha firmato il Protocollo di Kyoto.
lunedì 17 marzo 2008
Risparmiare dagli elettrodomestici
ecco come farli consumare meno
Usare lavatrici sempre a pieno carico, attenti alla temperatura
Spegnere le spie, cambiare i modelli non a norma: il risparmio è immediato
L'energia nascosta negli elettrodomestici
ecco come farli consumare meno
14 marzo 2008
http://www.repubblica.it/

ROMA - Nelle nostre case abbiamo a disposizione, nascosta negli elettrodomestici, una quantità di energia formidabile. Jeremy Rifkin ha calcolato che l'americano medio dispone dell'energia che potrebbe essere prodotta da 58 schiavi che lavorassero 24 ore al giorno: in Italia abbiamo consumi più ridotti ma gli sprechi restano consistenti. E, almeno una parte di questi sprechi, può essere evitata facilmente ottenendo il vantaggio di tagliare la bolletta elettrica.
Per evitare di buttare via inutilmente petrolio e denaro si possono adottare semplici accorgimenti. Ad esempio è meglio utilizzare lavatrici e lavastoviglie solo quando sono a pieno carico, adoperare programmi che consentono di risparmiare acqua e di usarla a una temperatura più bassa; è ovviamente meglio spegnere le luci delle stanze non utilizzate; assicurarsi che il frigorifero sia ben chiuso e ricordarsi che ogni minuto in cui sta aperto il consumo aumenta; evitare eccessi di riscaldamento e utilizzare, d'estate, sistemi di raffrescamento naturale basati sul movimento dell'aria e sulla protezione dal sole.
Ma anche la tecnologia può dare un buon contributo alla battaglia contro lo spreco. Comprare una lampadina fluorescente compatta vuol dire risparmiare i quattro quinti dell'energia. Acquistare un frigorifero di classe A+ al posto di quello vecchio fa guadagnare circa 80 euro l'anno. Togliere di mezzo le lucette degli stand by di decoder e televisioni elimina la necessità di costruire una centrale da 100 megawatt.
Mettendo assieme migliaia di comportamenti attenti e acquisti consapevoli si possono ottenere risultati importanti. Alla fine della scorsa legislatura, ad esempio, è stato lanciato, su proposta del presidente della commissione ambiente della Camera Ermete Realacci, un pacchetto di misure che puntava a un taglio di 2,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica e una crescita di 20 milioni di pezzi nel settore degli elettrodomestici ad alta efficienza. Un obiettivo a cui arrivare con una prima fase di incentivi a favore dell'acquisto di lavatrici e lavastoviglie di classe energetica non inferiore alla A e con una seconda fase basata su un divieto di vendita dei modelli obsoleti a partire dal primo gennaio 2010.
Secondo i dati di Ceced Italia, l'associazione nazionale produttori di apparecchi domestici e professionali, nel decennio 1995-2005 l'aumento di efficienza degli elettrodomestici ha già permesso all'Europa di risparmiare 34 miliardi di chilowattora, che corrispondono a 17 milioni di tonnellate di anidride carbonica. E' come se si fossero eliminate 9 centrali termoelettriche da 500 megawatt o 5 milioni di auto dalle strade.
Ma, nonostante questo miglioramento, esistono ancora margini significativi per l'aumento di efficienza. Se nelle case europee venissero sostituiti i 188 milioni di elettrodomestici che hanno superato i dieci anni, si realizzerebbe un ulteriore risparmio di elettricità pari a 44 miliardi di chilowattora, cioè a 22 milioni di tonnellate di anidride carbonica: è il 6 per cento degli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto.
giovedì 13 marzo 2008
Apat: Citta' italiane un poco piu' verdi
Città italiane più virtuose, più verde, meno consumo acqua
11 marzo 2008
http://www.reuters.it/
ROMA (Reuters) - Tra il 2000 e il 2006 le città italiane con oltre 150mila abitanti hanno visto aumentare la superficie destinata a verde pubblico, diminuire il consumo di acqua per uso domestico e calare anche l'inquinamento da polveri sottili, anche se la situazione dell'aria resta critica.
Lo dice il rapporto sulla qualità dell'ambiente urbano presentato oggi a Roma dall'Apat, l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente. Secondo lo studio, in 23 delle 24 città che contano oltre 150mila abitanti - a parte Messina - è cresciuta in sei anni la percentuale di superficie cittadina destinata a verde pubblico.
L'incremento più forte è stato registrato in una città in questi mesi pur nel mirino per l'emergenza-rifiuti, Napoli. Tra il 2000 e il 2006, infatti, la città partenopea ha registrato un aumento delle aree verdi di quasi il 20% (il 19,5%). Per quanto riguarda la percentuale di aree "verdi" sul totale della superficie cittadina, al primo posto della classifica c'è Cagliari, col 53%. Ma se si guarda al numero di metri quadrati verdi per cittadino, allora in testa c'è Verona, con 363 m2.
Gli incerementi minori di verde pubblico si registrano in quattro grandi città del Sud, tre delle quali in Puglia: Bari, Taranto, Foggia e Reggio Calabria.
Altro dato positivo registrato dal rapporto Apat - che però non ne fornisce spiegazioni precise - è la tendenza alla diminuzione del consumo domestico di acqua, sceso in media dai 75,3 metri cubi del 2000 ai 69,4% del 2006. Le città più virtuose sono Livorno, con 47,4 m3 per abitante, Foggia (48,7) e Prato (50,3), mentre al contrario consumano di più Torino, con 88,8 metri cubi, Brescia (84,4), Roma (83,4).
Sul fronte dell'inquinamento atmosferico, dice lo studio dell'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente, diminuisce in una percentuale assai variabile l'emissione di polveri sottili (le cosiddette Pm10) in tutte le città- Ma se a Brescia il calo è del 67%, a Taranto è solo del 4%. E diminuisce il contributo all'inquinamento da parte del trasprto su strada, pubblico o privato che sia. Calano infatti, rispetto al 2000, le emissioni di ossidi di azoto (44%) e di zolfo (82%), monossido di carbonio, benze e ammoniaca.
In tutte le città, aumaneta la presenza di auto meno inquinanti. Le Euro 4 rappresentavano nel 2006 complessivamente oltre il 10% del parco-macchine delle 24 grandi città, con una punta del 24,6% a Roma.
Resta però il fatto che nel 2006 in 13 aree urbane sono stati superati più di 35 volte i valori limiti giornalieri di Pm10.
Aumenta, nelle grandi città, la produzione di rifiuti, mediamente del 5,1%. Un dato, dice l'Apat, che però è inferiore a quello nazionale registratoi nello stesso periodo (8,9%). La spiegazione, per il rapporto, starebbe in realtà nella diminuzione della popolazione compelssiva delle città metropolitane, visto che nel 2006 i cittadini in questione hanno prodotto a testa 66 chili di immondizia.
Per quanto riguarda la raccolta differenziata, la città più virtuosa era nel 2006 Padova, con il 39% di immondizie riciclate, mentre sotto il 10% restavano le principali città del Sud, come Napoli, Messina, Cagliari e Catania.
Nel capitolo energia, infine, aumenta complessivamente il consumo pro capite di gas metano a uso domestico, più 6,7% in sei anni. Si consuma di più a Palermo (84,8 metri cubi, più 40,3% dal 2000 al 2006), Genova e Bari; meno invece a Milano, Brescia e Cagliari.
Ma il capolugo sardo è la prima città per incremento dell'energia elettrica, con un consumo pro capite di 1559,5 kwh, seguita da Roma. Città più "risparmiosa"di corrente risulta inveceFoggia, con 843,65 kwh.
Robecco: Dibattito sul solare
Parole sull'acqua: sabato 15 Marzo
MOLTO DI NUOVO SOTTO IL SOLE
Prima giornata sulle risorse rinnovabili
http://www.liblab.org/
Tema chiave sono le opportunità, prospettive e ambiguità del sole come fonte di energia pulita.
Si comincia alle 14.00 a Robecco sul Naviglio, presso il Circolo Cooperativo di via Roma 21.
Qui verrà realizzato un laboratorio di Autocostruzione Solare che insegna a costruire da sé un pannello solare in casa. Il laboratorio durerà fino alle 19.30 e sarà tenuto dagli ingegneri della Rete per l'autocostruzione del solare termico.
I partecipanti riceveranno un attestato di frequenza e un manuale + cd.
I posti sono limitati e per iscriversi è necessario contattare l'organizzazione all'indirizzo info@liblab.org.
Il manuale + cd per l'autocostruzione di pannelli solari sarà la scintilla della serata di Parole sull'acqua.
Per chi non volesse o non potesse prendere parte al laboratorio:
Dalle ore 21.00, presso la Sala Consiliare di Cassinetta di Lugagnano il regista Alessandro Acito guiderà un dibattito aperto sul fotovoltaico cui parteciperanno, tra gli altri:
- Bruno Tommasini (ingegnere della Rete per l'autocostruzione del solare termico)
- Ivan Roncelli (rappresentante de La 220 azzurra, una delle prime società a promuovere le energie rinnovabili in Italia)
- Andrea Di Stefano (direttore della rivista indipendente di economia Valori e collaboratore di Popolare Network)
- Christian Novak (urbanista, docente del Politecnico di Milano).
-> Scarica il volantino
martedì 11 marzo 2008
Kyoto: L'Italia paga 5mln al giorno per i mancati traguardi
L’Italia dal 1° gennaio 2008 ogni giorno ha un costo di 5.400.000 € (63 € al secondo) per il mancato raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Il contatore nel sito internet del Kyoto Club visualizza in tempo reale la crescita di questo debito.
23 Gennaio 2008
http://www.kyotoclub.org/

Per la precisione, dal 1° gennaio 2008 il debito è di 63 € ogni secondo e al 23 di gennaio abbiamo già superato i 120 milioni di euro che diventeranno quasi 2 miliardi di euro a fine 2008.
La crescita del debito (per ogni tonnellata di CO2 abbiamo stimato un prezzo di 20 €) si può visualizzare in tempo reale dal contatore presente nel sito del Kyoto Club.
Questo costo deriva dal divario di oltre 90 milioni di tonnellate di CO2 che ci separa dagli obiettivi di Kyoto, con un livello di emissioni del 12% superiore rispetto al 1990. Va ricordato che nel periodo di adempimento 2008-2012, la quantità di emissioni assegnate all'Italia è pari a 483 Mt CO2 eq (-6,5% rispetto al 1990).
Questa è un'emergenza pesante in termini economici, di immagine e di mancate opportunità. Paghiamo dieci anni di sottovalutazione del problema climatico e di una notevole superficialità rispetto all'entrata in vigore del Protocollo.
Poiché ogni ulteriore ritardo comporterà costi crescenti sarà fondamentale che le istituzioni mettano al centro delle politiche del paese la questione climatica, con conseguenti scelte oculate su efficienza energetica, utilizzo delle fonti rinnovabili e trasporti.
Cina: Da oggi anche un ministro per l'ambiente
11 marzo 2008
http://www.ilsole24ore.com/

La creazione del nuovo ministero è parte di una riforma della struttura del governo che vedrà anche la nascita di altri quattro «superministeri» costruiti con lo stesso criterio: uno per l' Industria e l' informatica, uno per le Risorse umane e la sicurezza sociale, uno per le Costruzioni e uno per i Trasporti.
Ciascuno dei «superministeri» sarà formato accorpando agenzie ed uffici governativi già esistenti, i cui poteri verranno fortemente ridotti dalla riforma. Per questo si ritiene che il progetto è destinato ad incontrare una forte resistenza da parte della burocrazia.
La riforma coincide con l' entrata nel governo di numerosi esponenti della generazione dei cinquantenni tra cui Li Keqiang, considerato il più probabile successore del primo ministro Wen Jiabao. Gli analisti affermano che la riforma consentirà a Wen un controllo più diretto su una serie di settori chiave come quelli dell' ambiente e dell' energia. Ieri il campione etiope della maratona, detentore del record del mondo, Haile Gebrselassie ha annunciato che non correrà la maratona olimpica di Pechino per il troppo inquinamento.
giovedì 6 marzo 2008
Abbiategrasso: Conferenza sui rifiuti

Non identificandoci in alcun “comitato per il NO”, ma cercando di essere propositivi e costruttivi, abbiamo fatto tesoro delle nostre riflessioni e dei nostri dubbi dai quali sono scaturite idee e, soprattutto, proposte.
Abbiamo constatato che la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti ad Abbiategrasso resta al di sotto del 20% (percentuale più bassa tra tutti i Comuni della Provincia di Milano, Milano compresa), mentre la normativa fissa obiettivi diversi (65% entro l’anno 2012) ed i Comuni limitrofi più virtuosi effettuano la raccolta differenziata porta a porta, raggiungendo una percentuale media del 57%.
Ad Abbiategrasso la raccolta si effettua con cassonetti stradali, sistema poco efficace nell’intercettare i diversi flussi di materiali (carta, plastica, vetro, mentre l’umido non viene differenziato), sistema che incentiva il fenomeno delle piccole discariche stradali, con conseguenze igieniche ed estetiche.
Abbiamo riflettuto sul tipo di impianto previsto (progetto di AMAGA del 2003): un gassificatore con il quale, dalla combustione dei rifiuti, si produce una miscela di gas che a sua volta deve essere bruciata per produrre energia (tecnologia sperimentale, che funziona su materiali omogenei, ma poco affidabile nel trattare rifiuti urbani, come hanno dimostrato le fallimentari esperienze già attuate in Italia). Rimarrebbe poi il problema delle scorie e delle ceneri prodotte che, classificate come rifiuti speciali, necessitano lo smaltimento in apposite discariche.
Analizzando i costi di costruzione e gestione, sorgono poi dubbi sulla reale sostenibilità economica di un simile impianto (data anche l’abrogazione del sostegno statale sull’energia elettrica prodotta dagli inceneritori): per avere un effettivo guadagno, l’impianto rischierebbe di dover bruciare rifiuti più convenienti (rifiuti speciali quali, ad esempio, gli ospedalieri).
Noi sosteniamo che sarebbe più opportuno puntare sulla raccolta differenziata porta a porta, piuttosto che sul gassificatore, e riflettere sulla possibilità di creare un nuovo comparto produttivo legato alla selezione e valorizzazione dei materiali raccolti, ubicato nel sito previsto per l’inceneritore, ad impatto ambientale pressoché nullo (senza alcun tipo di emissione). Esperienze virtuose di questo tipo esistono e funzionano (è il caso del Centro Riciclo Vedelago in Provincia di Treviso).
Per continuare a riflettere e incoraggiare proposte virtuose, invitiamo i Cittadini interessati a partecipare all’incontro organizzato dal nostro Gruppo, che si terrà ad Abbiategrasso Venerdì 7 Marzo alle 21.00.
Parteciperà Roberto Cavallo, esperto di gestione dei rifiuti e organizzatore di sistemi di raccolta differenziata. Sono invitati ad intervenire Amministratori locali e Responsabili dei servizi di gestione dei rifiuti.
-> Qui il volantino
Maggiori informazioni (programma e luogo nel quale si svolgerà l’incontro) sono disponibili sul sito internet www.retegasfontanili.it
Rete GAS dei Fontanili
mercoledì 5 marzo 2008
Dopo il mondo, il solare di Rubbia anche in Italia

Si era tenuta lo scorso 3 dicembre, la presentazione della task force, istituita dal Ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio per la diffusione delle fonti rinnovabili in Italia ed in particolare del solare termodinamico a concentrazione. Presieduta dal professor Carlo Rubbia, consulente del Ministro per le fonti rinnovabili, la commissione si è stabilita oggi nella sala Europa del Ministero per incominciare a predisporre un piano di sviluppo e di coordinare le attività contenute dei protocolli d’intesa sottoscritti con le regioni italiane. “Dando seguito a quanto previsto della legge Finanziaria ho firmato oggi il decreto che sblocca 20 milioni per il solare termodinamico e altri 20 milioni per le altre energie rinnovabili”- ha annunciato il ministro dell’Ambiente, intervenuto alla riunione d’apertura – “Chiederò inoltre al ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani la piena collaborazione per portare a termine l’iter del decreto di incentivazione per questa tecnologia amica dell’ambiente”. Il premio Nobel Rubbia ha dichiarato che “saranno immediatamente avviate le attività di collaborazione con gli enti di ricerca, le imprese del settore e le amministrazioni locali per la realizzazione di una prima serie di impianti nelle regioni interessate”. Calabria, Lazio e Puglia sono state le prime regioni a sottoscrivere i protocolli d’intesa con il Ministero dell’Ambiente per dare il via ad un vero e proprio piano per la diffusione di questa tecnologia, candidandosi ad ospitare i primi progetti pilota di impianti per la produzione di energia solare.
martedì 4 marzo 2008
Tecnologia quanto mi costi
di Francesco Bizzini
lunedì 3 marzo 2008

Il problema nasce quando si scopre che nel nostro continente solo il 25 percento di questi rifiuti finiscono in un ciclo di riciclaggio coerente ed efficiente.
Di certo, a livello mondiale, la colpa di questa negligenza è distribuibile a quasi tutte le latitudini.
Pure la stessa Unione Europea, soggetta a regolamentazioni molto rigide in materia, non ha in mano dei dati precisi su dove finisca più del 75 per cento dei rifiuti elettronici prodotti.
Negli States addirittura la percentuale potrebbe essere ancora superiore, fino a picchi dell'80 per cento, contando che oltretutto una quota dei rifiuti in questione viene esportata.
Chi per i noti attivisti dell’ambiente versa in una condizione tragica sono i continenti in via di sviluppo:
“Nei paesi di recente industrializzazione è quasi impossibile stimare la percentuale di rifiuti elettronici che sfugge a qualsiasi forma di trattamento o gestione”.
La tragedia ha quindi il volto dei poveri.
Infatti, per esempio, i lavoratori asiatici, forzati a disassemblare questi rifiuti a mani nude, sono i più esposti all’intossicazione derivante alla miscela dei composti chimici tossici che si celano nelle nostre tecnologie.
Sotto gli occhi di tutti c’è poi anche la breve vita della tecnologia moderna.
Il veloce ricambio delle nuove tecnologie diventa un involontario incentivo all’inquinare il pianeta se non s’interverrà con delle politiche di riciclo globale.
Gli attivisti di Greenpeace individuano non tanto i colpevoli, ma chi in futuro dovrebbe metterci seriamente gli occhi per vigilare:
“L'unica soluzione al problema dei rifiuti elettronici è il principio della responsabilità del produttore, quest’ultimi devono aumentare il loro impegno per raccogliere e trattare gli scarti correttamente, introdurre programmi volontari di ritiro dei prodotti in disuso e rimuovere le sostanze pericolose dai propri articoli già nel ciclo di produzione in modo da agevolare le operazioni di riciclo e recupero dei materiali in essi contenuti”.