mercoledì 10 dicembre 2008

L'Italia trascina indietro il clima del mondo

10/12/2008 13:35
Clima: presentato oggi a Poznan il Rapporto di German Watch realizzato con la collaborazione di Legambiente

Italia agli ultimi posti tra i Paesi industrializzati per la Qualità degli interventi di riduzione dei gas serra


Italia in caduta libera nel Climate Change Performance Index del German Watch, il Rapporto internazionale che valuta la qualità degli interventi per la riduzione dei gas serra nei Paesi industrializzati ed emergenti realizzato con la collaborazione di Legambiente. Lo studio, che si sofferma sugli interventi positivi e strutturali di ogni singola nazione nel campo del riscaldamento globale, ci mette al 44 posto sui 57 paesi a maggiori emissioni di CO2 (insieme producono oltre il 90% dei gas serra a livello mondiale). Svezia, Germania e Francia sono il terzetto di testa. In quarta e quinta posizione, a sorpresa, ci sono India e Brasile. Mentre le ultime posizioni sono di Arabia Saudita, Canada e Usa.
L’Italia - che perde terreno rispetto alla scorso anno quando era al 41 posto - precede di poco Paesi come la Polonia e la Cina e ha le medesime performance negative del Giappone. “Una performance
disastrosa - sottolinea Legambiente, una delle associazioni ambientaliste internazionali che ha collaborato alla stesura del Rapporto - che rispecchia il cronico ritardo del nostro Paese nel
raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto”. A spingerci così in basso in questa graduatoria sono l’assenza di una strategia complessiva per abbattere le emissioni di CO2, una politica energetica che punta sull'aumento dell'uso del carbone, il deficit di trasporti a basse emissioni. A 11 anni dalla firma del Protocollo di Kyoto c'è la constatazione che l’Italia è uno dei Paesi europei dove i gas serra sono cresciuti rispetto ai livelli del 1990 (+9,9%), nonostante il trattato internazione imponga un taglio del 6,5%

“A salvare l’Italia dagli ultimissimi posti della classifica – ha sottolineato Legambiente - le poche ma importanti misure adottate in questi anni, come il conto energia per la promozione del fotovoltaico o gli incentivi del 55 per cento per l’efficienza energetica. Misure
che paradossalmente sono proprio quelle finite nel mirino dell’attuale governo, che dopo aver eliminato l’obbligo della certificazione energetica degli edifici, ha tagliato il 55 %”.

La situazione dell’Italia, come sottolinea il rapporto, potrebbe presto diventare ancora peggiore, anche per il ruolo all’interno dei negoziati internazionali in corso. Insieme alla Polonia l’Italia è il
paese che merita il giudizio più negativo sul piano internazionale per i ripetuti tentativi di sabotare il pacchetto energia e clima dell’Unione europea.


L’ufficio stampa Legambiente
http://www.legambiente.eu/

martedì 26 agosto 2008

"McFashion" fa male al pianeta così inquina l'abito usa e getta
Un'inchiesta del Guardian denuncia i danni provocati dalla moda low cost
Fra le cause, i pesticidi utilizzati nelle piantagioni di cotone e la qualità dei tessuti


di SARA FICOCELLI


L'HANNO battezzata "fast fashion" perché i segreti del suo successo sono gli stessi che rendono immortale il cheeseburger: piace, costa poco e si consuma in fretta. Al prezzo di una maglia da boutique puoi comprarne 20 e cambiarne una al giorno per quasi un mese, sfamando il tuo bisogno di essere cool a morsi da 10 euro.

Questo meccanismo non alimenta solo lo sfruttamento della manodopera, spesso minorenne, ma inquina l'ambiente in modo silenzioso e progressivo. La denuncia arriva dal quotidiano britannico The Guardian che spiega quali siano i danni collaterali della moda usa e getta. Il tabloid riporta i dati raccolti dalla Defra (Department for Environment, Food and Rural Affairs) che ha analizzato l'impatto ambientale di diversi materiali tessili a basso costo. E secondo la quale la "McFashion", con il suo menu a base di jeans&T-shirt, produce ogni anno oltre 3 milioni di emissioni di diossina.

Difficile però contrastare un mercato che vive grazie alla riduzione del potere d'acquisto, capillarizzato con negozi in franchising da Londra a New York, che non segue la moda ma la detta. Star come Jennifer Lopez e Madonna hanno disegnato la linea di queste collezioni, Kate Moss è stata loro testimonial e il tutto è reso ancora più appetibile da un assortimento pazzesco. Le magliette vendute a 5 euro vengono per lo più fabbricate nei Paesi asiatici e sono fatte in cotone e poliestere. Questo mercato copre l'80% della produzione tessile del pianeta e attutisce i costi di spedizione coast to coast consentendo di risparmiare sulla qualità delle materie prime.

Vietato però generalizzare e puntare il dito contro un sistema che dà lavoro a milioni di persone e permette a tutti di vestire alla moda. Alexandra Shulman, editorialista di Vogue nel Regno Unito, è a favore della "cheap fashion": "Basta colpevolizzare le case produttrici di moda, trovo meraviglioso che si possa acquistare un vestito da sera per 20 sterline e cambiare abito ogni volta che si vuole. Provate a regalare a una teenager una costosa maglia di qualità: la indosserà una volta e poi tornerà a comprare quel miniabito floreale in fibra sintetica che ha visto in centro... Come darle torto!".

Insomma, secondo la giornalista del prestigioso magazine femminile, la moda usa e getta fa bene all'umore e al portafogli, due aspetti da non sottovalutare nell'era del trionfo degli psicofarmaci.

Daniela Tramontano è invece l'ideatrice del progetto "Il filo che unisce", concorso italiano sulla moda etica e sostenibile che nasce per sensibilizzare designer e consumatori a un approccio etico all'abbigliamento. "Ci sono aziende come la Remei AG che coltivano in India cotone biologico - spiega - nei Paesi asiatici c'è un tasso di suicidi altissimo dovuto alle condizioni in cui si è costretti a raccogliere il cotone, coltivato con pesticidi che provocano tumori e altre malattie. Una maglietta venduta a 10 euro cela un mondo di inguistizie e danni ambientali che noi possiamo solo intuire".

Paolo Zegna, vicepresidente di Confindustria e presidente di Milano Unica, il salone italiano del tessile che aprirà nel capoluogo lombardo il prossimo 16 settembre, è comunque ottimista sul futuro del mercato di qualità. "Nel mondo c'è un numero crescente di consumatori disposti a pagare un sovraprezzo per ricevere in cambio il top - spiega - questo non è in contraddizione con lo sviluppo della 'cheap fashion', direi che va in parallelo ed è su questo binario che dobbiamo attestarci".

Il tessile di qualità italiano ed europeo è eco-compatibile, rispetta normative severe e non causa danni all'uomo con l'utilizzo di tinture cancerogene. I vestiti prodotti da questo circuito costano decisamente di più ma, come dice una famosa pubblicità, ci sono cose che non hanno prezzo.

(26 agosto 2008) http://www.repubblica.it/

mercoledì 28 maggio 2008

Energia Solare x3 con le nanotecnologie

Energia solare moltiplicata per tre
SCOPERTA della Technische Universiteit di Delft, IN OLANDA Coi «nanoconduttori» anziché ottenere un solo elettrone da ogni fotone è possibile averne tre

27 maggio 2008

http://www.corriere.it/


AMSTERDAM (OLANDA) - Un team di ricercatori dell’Università di Tecnologia di Delft (Olanda) e della Foundation for Fundamental Research on Matter hanno utilizzato nanocristalli come semiconduttori, approdando a una significativa scoperta: la capacità di produzione di energia delle celle solari con l’uso di questi semiconduttori viene triplicata. Gli studiosi hanno ribattezzato il processo di moltiplicazione «effetto valanga».

LO STUDIO - Lo studio verrà pubblicato sulla rivista Nano Letter e subito dopo inizieranno le prime sperimentazioni. L’effetto valanga era già stato individuato in passato e nel 2004 uno studio dei ricercatori del National Laboratories di Los Alamos, in Nuovo Messico, ipotizzava che il miglioramento nelle prestazioni di un impianto per l'energia solare, grazie ai nanocristalli, potesse essere ben maggiore. Ora viene finalmente dimostrata la validità dell’effetto moltiplicatore di questo materiale, anche se si tratta di un’incidenza inferiore a quella ipotizzata.

L’ENERGIA SOLARE - Pannelli costosissimi per produrre relativamente poca energia: questo è uno dei mali dell’energia solare, ritornata più che mai in auge in tempi di crisi energetica. In Italia si annuncia la riapertura delle centrali nucleari, Veronesi e Rubbia dibattono sulla quarta generazione dell’energia all’uranio, sulla sua validità e sulle alternative esistenti, mentre ancora una volta ci si chiede perché, in un Paese come l’Italia, l’energia pulita e poderosa che ci regala il Sole non venga sfruttata a dovere. Dall’Olanda potrebbe arrivare una piccola rivoluzione.

Emanuela Di Pasqua

mercoledì 7 maggio 2008

Gli italiani bocciano i mezzi pubblici

In macchina, per scelta o per forza
Gli italiani non scelgono i mezzi
Il quinto rapporto sulla mobilità realizzato da Isfort per Asstra Cala il gradimento per bus e tram, va meglio la metropolitana
di DONATELLA ALFONSO

http://www.repubblica.it/
7 maggio 2008

GENOVA - A prendere il bus e la metropolitana gli italiani ci provano tutti i giorni (specialmente al Nord Ovest), e nel 2007 hanno confermato le buone intenzioni, spinti anche dal rincaro dei carburanti, facendo crescere addirittura di un miliardo e mezzo il numero dei passeggeri trasportati in un qualsiasi giorno medio feriale. Ma la fiducia è spesso mal riposta: e infatti crescono anche l'irritazione, i tempi di trasporto si fanno più lenti, la soglia di soddisfazione scende decisamente sotto la sufficienza. E si preferisce tornare all'amata-odiata auto: il trasporto pubblico non è all'altezza, starò in coda, ma almeno mi muovo come mi pare.

E non a caso "Così è, se vi pare" è il titolo del quinto rapporto sulla mobilità in Italia realizzato da Isfort per Asstra, l'associazione dei trasporti, che viene presentato stamani a Genova. Titolo pirandelliano per dire che la domanda di mobilità in Italia è arrivata al punto di non ritorno: il traffico è troppo e la benzina costa troppo cara per andare in auto, ma i mezzi pubblici non riescono, nonostante gli sforzi, ad essere all'altezza. E le misure di contenimento finora studiate per i grandi centri urbani - dalle targhe alterne all'introduzione dei divieti per le auto più inquinanti - sono considerate solo dei palliativi, ben lontani dal risolvere la necessità potenziale: muoversi e arrivare.

L'osservatorio "Audimob" di Isfort è prodigo di dati. Ci si sposta soprattutto nell'arco di dieci chilometri (anche se magari si è andati a vivere fuori, tanto che il dato riguardava il 79,8% di utenti nel 2000, e scende al 73,5% nel 2007) e aumentano gli spostamenti giornalieri complessivi (circa 123 milioni, +3,3% sul 2006). Ma bus e metropolitana sembrano più una condanna che una scelta, se è vero che si scende dall'82,8% all'81% di spostamenti quotidiani in auto, mantenendo l'11,5% del trasporto pubblico: la quota di utenti soddisfatti del trasporto su bus e tram è del 62,1% (69,4% nel 2006) mentre piace, anzi guadagna la metro (83,5% di soddisfazione, leggero incremento sul 2006). E comunque è un gradimento risicatissimo, sul filo del "sei politico", che scende inesorabilmente al cinque e mezzo nei grandi centri urbani. Chi non ama il bus si rifà col metrò: già nel 2006 il punteggio medio aveva raggiunto il "7", e nel 2007 siamo arrivati al 7,23. C'è bisogno di altro per capire che quello che piace agli utenti è poter viaggiare su linee dove, in genere, si può contare su servizi regolari?

Chi scende dal bus bloccato nel traffico, spesso ricorre al motorino: motocicli e ciclomotori salgono infatti in un anno dal 10,6% all'11,9% e il parco circolante delle due ruote è cresciuto ancora del 6%, arrivando a oltre 5,6 milioni di mezzi rispetto a 35 milioni e mezzo di auto (la crescita è stata solo dello 0,9%); nel 1985, tanto per avere un'idea, le auto erano 22,4 milioni e solo due milioni le due ruote.

Il caro benzina sta creando contrazioni importanti sul mercato dell'auto, ma chi una qualche quattroruote ce l'ha, ricomincia a usarla e sempre più incattivito, è il grido di allarme di Asstra, che cercherà, in due giorni di lavori a Genova, di mettere in chiaro le migliori politiche di trasporto pubblico. Che è più forte nel Nord-Ovest, dove raggiunge una quota di mercato del 19,3% rispetto alla media nazionale dell'11,5% e fa registrare un incremento stabile nel Nord-Est e anche al Centro, dove peraltro continua il boom dei motorini (10% dei mezzi usati, con Roma capitale), mentre Sud e isole si dedicano devotamente all'auto (86,7% degli spostamenti, con un 6,7% di trasporto pubblico e 6,6% di moto).

Ma perché non prendere il bus? E' poco comodo e poco accessibile, risponde il 70% del campione intervistato da Isfor, impiega troppo tempo (42,5%) e non offre collegamenti adeguati (17,1%), mentre minime sono le critiche sul costo e scende il fattore della preferenza tout court. Davvero critici sono soprattutto la disponibilità percepita del servizio e l'informazione su percorso, linee e orari. E siccome scende la velocità media (da 15,3 a 14,1 km all'ora), mentre addirittura le auto fanno registrare un leggero miglioramento, non ci sono corsie preferenziali che tengano: riprendiamoci l'auto, dicono i più esasperati che non vogliono saperne dei mezzi affollati, della forzata contiguità (anzi, dell'accatastamento dei viaggiatori).

Una sorta di "antipolitica" del trasporto pubblico per cui gli italiani vorrebbero, anzi vogliono prendere il bus ma alla fine, intrappolati nel traffico, cedono alla tentazione di contribuire a crearne ancora di più. Anche perché scende pure la mobilità "ecologica", dice la ricerca: nel 2007 gli spostamenti a piedi o in bici hanno subito un arretramento dell'1,4%, fermandosi al 32,5%. In attesa, è chiaro, che passi l'ultimo metrò.

martedì 22 aprile 2008

22 Aprile - Earth Day

Si celebra la Giornata della Terra
nel 1970 erano 20 milioni in piazza

L'appuntamento istituito in favore dell'ambiente. Centinaia di manifestazioni nel mondo "Sempre più urgenti iniziative che sensibilizzino sui rischi che corre il nostro pianeta"

http://www.repubblica.it/
22 aprile 2008


ROMA - Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata della Terra, appuntamento che torna ogni anno dal lontano 1970 quando Gaylord Nelson, senatore del Wisconsin, mobilitò 20 milioni di americani per una gigantesca dimostrazione in favore dell'ambiente. Da quella mitica manifestazione nacque, nel 2000 e su iniziativa dello stesso Nelson, l'Earth Day Network e oggi centinaia di manifestazioni nel mondo la celebrano.

''Deforestazione, inquinamento di mari e fiumi, smog, clima impazzito. La Terra - scrive National Geographic Channel - è sempre più minacciata dai cambiamenti ambientali, determinati dalla crescita vertiginosa dell'economia globale. Diventano quindi urgenti iniziative che sensibilizzino le persone sui rischi che il nostro pianeta corre e sui rimedi che vanno presi partendo dalla vita di tutti i giorni''.

Nel 2006 il WWF aveva presentato il suo bilancio periodico sullo stato del pianeta. Dopo due anni di studi, lo scenario che si profilava indicava che la popolazione umana entro il 2050 avrebbe raggiunto un ritmo di consumo insostenibile pari a due volte la capacità del pianeta Terra. I segnali di stress ci sono tutti e ci colpiscono direttamente, non fanno sconti: povertà e cibo, crisi energetica e cambiamenti climatici, scarsità di acqua che dalle aree più povere del pianeta si estendono ad aree storicamente fertili, a culle della civiltà quali il nostro mediterraneo.

lunedì 7 aprile 2008

Intervista a Rubbia sul futuro Energetico

Rubbia: "Né petrolio né carbone
soltanto il sole può darci energia"
Sì al nucleare innovativo con piccole centrali senza uranio
Ma non esiste un nucleare sicuro o a bassa produzione di scorie

di GIOVANNI VALENTINI

30 marzo 2008
http://www.repubblica.it/


GINEVRA - Petrolio alle stelle? Voglia di nucleare? Ritorno al carbone? Fonti rinnovabili? Andiamo a lezione di Energia da un docente d'eccezione come Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica: a Ginevra, dove ha sede il Cern, l'Organizzazione europea per la ricerca nucleare. Qui, a cavallo della frontiera franco-svizzera, nel più grande laboratorio del mondo, il professore s'è ritirato a studiare e lavorare, dopo l'indegna estromissione dalla presidenza dell'Enea, il nostro ente nazionale per l'energia avviluppato dalle pastoie della burocrazia e della politica romana.

Da qualche mese, Rubbia è stato nominato presidente di una task-force per la promozione e la diffusione delle nuove fonti rinnovabili, "con particolare riferimento - come si legge nel decreto del ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio - al solare termodinamico a concentrazione". Un progetto affascinante, a cui il premio Nobel si è dedicato intensamente in questi ultimi anni, che si richiama agli specchi ustori di Archimede per catturare l'energia infinita del sole, come lo specchio concavo usato tuttora per accendere la fiaccola olimpica. E proprio mentre parliamo, arriva da Roma la notizia che il governo uscente, su iniziativa dello stesso ministro dell'Ambiente e d'intesa con quello dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, ha approvato in extremis un piano nazionale per avviare anche in Italia questa rivoluzione energetica.

Prima di rispondere alle domande dell'intervistatore, da buon maestro Rubbia inizia la sua lezione con un prologo introduttivo. E mette subito le carte in tavola, con tanto di dati, grafici e tabelle.

Il primo documento che il professore squaderna preoccupato sul tavolo è un rapporto dell'Energy Watch Group, istituito da un gruppo di parlamentari tedeschi con la partecipazione di scienziati ed economisti, come osservatori indipendenti. Contiene un confronto impietoso con le previsioni elaborate finora dagli esperti della IEA, l'Agenzia internazionale per l'energia. Un "outlook", come si dice in gergo, sull'andamento del prezzo del petrolio e sulla produzione di energia a livello mondiale. Balzano agli occhi i clamorosi scostamenti tra ciò che era stato previsto e la realtà.

Dalla fine degli anni Novanta a oggi, la forbice tra l'outlook della IEA e l'effettiva dinamica del prezzo del petrolio è andata sempre più allargandosi, nonostante tutte le correzioni apportate dall'Agenzia nel corso del tempo. In pratica, dal 2000 in poi, l'oro nero s'è impennato fino a sfondare la quota di cento dollari al barile, mentre sulla carta le previsioni al 2030 continuavano imperterrite a salire progressivamente di circa dieci dollari di anno in anno. "Il messaggio dell'Agenzia - si legge a pagina 71 del rapporto tedesco - lancia un falso segnale agli uomini politici, all'industria e ai consumatori, senza dimenticare i mass media".

Analogo discorso per la produzione mondiale di petrolio. Mentre la IEA prevede che questa possa continuare a crescere da qui al 2025, lo scenario dell'Energy Watch Group annuncia invece un calo in tutte le aree del pianeta: in totale, 40 milioni di barili contro i 120 pronosticati dall'Agenzia. E anche qui, "i risultati per lo scenario peggiore - scrivono i tedeschi - sono molto vicini ai risultati dell'EWG: al momento, guardando allo sviluppo attuale, sembra che questi siano i più realistici". C'è stata, insomma, una ingannevole sottovalutazione dell'andamento del prezzo e c'è una sopravvalutazione altrettanto insidiosa della capacità produttiva.

Passiamo all'uranio, il combustibile per l'energia nucleare. In un altro studio specifico elaborato dall'Energy Watch Group, si documenta che fino all'epoca della "guerra fredda" la domanda e la produzione sono salite in parallelo, per effetto delle riserve accumulate a scopi militari. Dal '90 in poi, invece, la domanda ha continuato a crescere mentre ora la produzione tende a calare per mancanza di materia prima. Anche in questo caso, come dimostra un grafico riassuntivo, le previsioni della IEA sulla produzione di energia nucleare si sono fortemente discostate dalla realtà.

Che cosa significa tutto questo, professor Rubbia? Qual è, dunque, la sua visione sul futuro dell'energia?
"Significa che non solo il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento, ma anche l'uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni, come del resto anche l'oro, il platino o il rame. Non possiamo continuare perciò a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada. Dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica che la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero: e cioè il sole che ogni giorno illumina e riscalda la terra".

Eppure, dagli Stati Uniti all'Europa e ancora più nei Paesi emergenti, c'è una gran voglia di nucleare. Anzi, una corsa al nucleare. Secondo lei, sbagliano tutti?
"Sa quando è stato costruito l'ultimo reattore in America? Nel 1979, trent'anni fa! E sa quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Circa il 20 per cento. Ma i costi altissimi dei loro 59 reattori sono stati sostenuti di fatto dal governo, dallo Stato, per mantenere l'arsenale atomico. Ricordiamoci che per costruire una centrale nucleare occorrono 8-10 anni di lavoro che la tecnologia proposta si basa su un combustibile, l'uranio appunto, di durata limitata. Poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie".

Ma non si parla ormai di "nucleare sicuro"? Quale è la sua opinione in proposito?
"Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali. Si può parlare, semmai, di un nucleare innovativo".

In che cosa consiste?
"Nella possibilità di usare il torio, un elemento largamente disponibile in natura, per alimentare un amplificatore nucleare. Si tratta di un acceleratore, un reattore non critico, che non provoca cioè reazioni a catena. Non produce plutonio. E dal torio, le assicuro, non si tira fuori una bomba. In questo modo, si taglia definitivamente il cordone fra il nucleare militare e quello civile".

Lei sarebbe in grado di progettare un impianto di questo tipo?
"E' già stato fatto e la tecnologia sperimentata con successo su piccola scala. Un prototipo da 500 milioni di euro servirebbe per bruciare le scorie nucleari ad alta attività del nostro Paese, producendo allo stesso tempo una discreta quantità di energia".

Ora c'è anche il cosiddetto "carbone pulito". La Gran Bretagna di Gordon Brown ha riaperto le sue miniere e negli Usa anche Hillary Clinton s'è detta favorevole...
"Questo mi ricorda la storia della botte piena e della moglie ubriaca. Il carbone è la fonte energetica più inquinante, più pericolosa per la salute dell'umanità. Ma non si risolve il problema nascondendo l'anidride carbonica sotto terra. In realtà nessuno dice quanto tempo debba restare, eppure la CO2 dura in media fino a 30 mila anni, contro i 22 mila del plutonio. No, il ritorno al carbone sarebbe drammatico, disastroso".

E allora, professor Rubbia, escluso il petrolio, escluso l'uranio ed escluso il carbone, quale può essere a suo avviso l'alternativa?
"Guardi questa foto: è un impianto per la produzione di energia solare, costruito nel deserto del Nevada su progetto spagnolo. Costa 200 milioni di dollari, produce 64 megawatt e per realizzarlo occorrono solo 18 mesi. Con 20 impianti di questo genere, si produce un terzo dell'elettricità di una centrale nucleare da un gigawatt. E i costi, oggi ancora elevati, si potranno ridurre considerevolmente quando verranno costruiti in gran quantità".

Ma noi, in Italia e in Europa, non abbiamo i deserti...
"E che vuol dire? Noi possiamo sviluppare la tecnologia e costruire impianti di questo genere nelle nostre regioni meridionali o magari in Africa, per trasportare poi l'energia nel nostro Paese. Anche gli antichi romani dicevano che l'uva arrivava da Cartagine. Basti pensare che un ipotetico quadrato di specchi, lungo 200 chilometri per ogni lato, potrebbe produrre tutta l'energia necessaria all'intero pianeta. E un'area di queste dimensioni equivale appena allo 0,1 per cento delle zone desertiche del cosiddetto sun-belt. Per rifornire di elettricità un terzo dell'Italia, un'area equivalente a 15 centrali nucleari da un gigawatt, basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma".

Il sole, però, non c'è sempre e invece l'energia occorre di giorno e di notte, d'estate e d'inverno.
"D'accordo. E infatti, i nuovi impianti solari termodinamici a concentrazione catturano l'energia e la trattengono in speciali contenitori fino a quando serve. Poi, attraverso uno scambiatore di calore, si produce il vapore che muove le turbine. Né più né meno come una diga che, negli impianti idroelettrici, ferma l'acqua e al momento opportuno la rilascia per alimentare la corrente".

Se è così semplice, perché allora non si fa?
"Il sole non è soggetto ai monopoli. E non paga la bolletta. Mi creda questa è una grande opportunità per il nostro Paese: se non lo faremo noi, molto presto lo faranno gli americani, com'è accaduto del resto per il computer vent'anni fa".

martedì 25 marzo 2008

Dal consumo di carne il 30% delle emissioni mondiali

Bianca, biologica e allevata libera
La carne che fa meno male al Pianeta

Scegliere polli non cresciuti in gabbia non è importante solo per il gusto e la qualità
Dall'accrescimento forzato degli animali danni pesanti per salute e ambiente
Bianca, biologica e allevata libera la carne che fa meno male al Pianeta


23 marzo 2008
http://www.repubblica.it/
di VALERIO GUALERZI

Polli in allevamento

ROMA - E' un sentiero stretto quello che deve percorrere il consumatore, responsabile ma deciso a non fare sparire la carne dalla sua tavola. I margini per comportarsi in maniera eco compatibile senza rinunciare alla bistecca o al pollo arrosto sembrano essere davvero esigui. Se l'aggettivo viene ormai associato un po' a tutto, dall'energia ai trasporti, dal turismo all'agricoltura -gli ecologisti integralisti lo considerano più che altro un ossimoro di comodo- definire un allevamento "sostenibile" è qualcosa che rimane difficile anche ai più pragmatici.

"Se prendiamo in esame quello che accade nella zootecnia bovina c'è davvero poco a cui aggrapparsi", spiega Guglielmo Donadiello, responsabile agricoltura di Legambiente. "Le pratiche d'ingrassamento rese necessarie dal consumo di carne rossa su larga scala sono sostanzialmente incompatibili con qualsiasi concetto di sostenibilità. Le cosiddette vacche 'nutrici' possono anche essere lasciate pascolare in libertà, ma tutto finisce quando avviene il ristallo e devono essere rimpinzate di soia proveniente in massima parte dalle coltivazioni intensive dell'America Latina, con gli enormi costi ambientali (trasporto, deforestazione, inquinamento) che questo comporta".

I cultori dello Slow Food e delle razze autoctone da crescere al pascolo non saranno d'accordo, ma sul potenziale di questa alternativa Donadiello è scettico. "All'attuale ritmo dei consumi - dice - tutti i capi di Piemontese e Chianina non sarebbero in grado di sfamare Milano e Roma per più di qualche mese". "L'unica vera alternativa - aggiunge - potrebbero essere gli allevamenti biologici", dove non solo sono messi al bando determinati tipi di mangimi, ma gli animali sono lasciati crescere in libertà e più lentamente.

In Italia, stando all'ultimo rapporto Ismea, sono però una rarità: quelli con oltre cento capi di bestiame censiti nel 2007 sono in tutto 13. Comprare carne bovina biologica in Italia significa quindi quasi sempre comprarla d'importazione, con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista dell'inquinamento prodotto dal trasporto.

Va un po' meglio se dalla carne rossa ci si sposta su quella bianca, e non solo perché a parità di chili prodotti la quantità di CO2 emessa cala decisamente. Nel campo avicolo gli allevamenti "sostenibili" sono infatti più facili da realizzare e malgrado il forte ritardo che ci distingue dal resto d'Europa, anche qualche gigante del settore come Amadori ha iniziato a darsi da fare. "Fermo restando che malgrado la forte differenza di prezzo la scelta migliore resta quella del biologico, stanno iniziando a diffondersi anche degli allevamenti 'convenzionali' dove gli animali sono tenuti in libertà", spiega Donadelli. Le differenze rispetto a quelli cresciuti in gabbia sono fondamentali, non solo per le evidenti ragioni "animaliste".

"Tenuti liberi - precisa ancora Donadelli - polli e tacchini hanno il tempo di crescere fino a circa ottanta giorni anziché i trenta delle gabbie. Questo significa che non devono essere pompati immediatamente con le proteine della solita soia importata, ma hanno il tempo di assimilare quelle di orzo e altri cereali, incamerando anche i sali minerali importanti per la nostra alimentazione".

martedì 18 marzo 2008

Carbon Neutral World Cup

Paesi "neutri" nelle emissioni nocive
Il Costa Rica è primo nel mondo

La "gara" consiste nel bilanciare la produzione di anidride carbonica
con qualcosa che sia in grado di catturare i gas serra, come una foresta
Il governo di San Josè sostiene di aver raggiunto l'obiettivo

13 marzo 2008
http://www.repubblica.it/

di LUIGI BIGNAMI

UN PICCOLO gruppo di nazioni, in continuo aumento, sta concorrendo a una gara non scritta per diventare un "Paese neutro" nelle emissioni di anidride carbonica. Una gara contro l'effetto serra che viene idealmente chiamata "Carbon-neutral World Cup" e che, attualmente vede in testa Costa Rica, Norvegia, Nuova Zelanda e Islanda.

Raggiungere la "neutralità" delle emissioni di anidride carbonica significa bilanciare le emissioni di gas serra che si producono bruciando i combustibili fossili, con qualcosa che sia in grado di catturarli, come ad esempio un'estesa foresta.

In questi giorni Roberto Dobles, Ministro costaricano dell'Ambiente e dell'Energia sostiene che il suo Paese si è aggiudicata la gara avendo raggiunto l'obiettivo di essere un "paese neutro".

"Avevamo capito da tempo che i cambiamenti climatici sono probabilmente la maggiore sfida dell'umanità dei nostri giorni ed è responsabilità di ciascuno combatterli", ha spiegato Dobles in una conferenza stampa a San Josè.

Ma come è riuscito il Costa Rica, poco più di quattro milioni di abitanti, a raggiungere l'obiettivo? Lavorando su strade diverse. Da un lato è riuscito a produrre l'80 per cento della propria energia da fonti rinnovabili, come l'acqua e il vento, dall'altro ha ampliato la biosfera tropicale che nel Paese trova le condizioni ideali per potersi sviluppare. Con una superficie grande solo un sesto dell'Italia il Costa Rica possiede circa il 5 per cento delle specie di piante e di animali del mondo.

Nonostante che la deforestazione sia ancora in atto in alcune aree del paese, il governo ha superato di molto gli obiettivi che si era posto nel rendere più verde il territorio. Più di sei milioni di alberi sono stati piantati nel solo 2007, superando l'obiettivo di un milione che le autorità si erano proposte all'inizio dell'anno. Per il 2008 l'obiettivo è di sette milioni. "Quasi due piante per ogni abitante", ha sottolineato il Ministro.

C'è comunque chi fa notare, soprattutto alcune agenzie per la tutela dell'ambiente, che il governo ha deciso di iniziare le ricerche di petrolio in mare. Quindi quanto fatto finora potrebbe essere vanificato in poco tempo. Risponde Dobles: "In questo momento il paese vede aumentare giorno dopo giorno la richiesta di energia e finché non saremo totalmente autonomi dal petrolio non potremo farne a meno neanche noi. Tuttavia il nostro impegno è fortemente rivolto nello sviluppo dell'utilizzo dell'idrogeno su cui stiamo investendo moltissimo".

Un'altra critica riguarda il modo con il quale si è sviluppato il turismo in alcune aree dove numerosi e grandi villaggi turistici hanno profondamente alterato l'ambiente. Oggi una dozzina di voli settimanali dagli Stati Uniti porta in continuazione turisti in Costa Rica.

"Anche a questo - risponde il ministro - abbiamo cercato di dare una risposta. Il piano di sviluppo turistico dei prossimi anni prevede solo hotel "verdi" che non lascino alcun debito di anidride carbonica dietro di sé".

C'è da chiedersi ora se davvero il Costa Rica è giunto primo nella "Carbon-neutral World Cup", a quale distanza arriverà il gruppetto degli inseguitori e quando giungerà al traguardo il gruppo che ha firmato il Protocollo di Kyoto.

lunedì 17 marzo 2008

Risparmiare dagli elettrodomestici

L'energia nascosta negli elettrodomestici
ecco come farli consumare meno


Usare lavatrici sempre a pieno carico, attenti alla temperatura
Spegnere le spie, cambiare i modelli non a norma: il risparmio è immediato
L'energia nascosta negli elettrodomestici
ecco come farli consumare meno


14 marzo 2008
http://www.repubblica.it/


di ANTONIO CIANCIULLO
ROMA - Nelle nostre case abbiamo a disposizione, nascosta negli elettrodomestici, una quantità di energia formidabile. Jeremy Rifkin ha calcolato che l'americano medio dispone dell'energia che potrebbe essere prodotta da 58 schiavi che lavorassero 24 ore al giorno: in Italia abbiamo consumi più ridotti ma gli sprechi restano consistenti. E, almeno una parte di questi sprechi, può essere evitata facilmente ottenendo il vantaggio di tagliare la bolletta elettrica.

Per evitare di buttare via inutilmente petrolio e denaro si possono adottare semplici accorgimenti. Ad esempio è meglio utilizzare lavatrici e lavastoviglie solo quando sono a pieno carico, adoperare programmi che consentono di risparmiare acqua e di usarla a una temperatura più bassa; è ovviamente meglio spegnere le luci delle stanze non utilizzate; assicurarsi che il frigorifero sia ben chiuso e ricordarsi che ogni minuto in cui sta aperto il consumo aumenta; evitare eccessi di riscaldamento e utilizzare, d'estate, sistemi di raffrescamento naturale basati sul movimento dell'aria e sulla protezione dal sole.

Ma anche la tecnologia può dare un buon contributo alla battaglia contro lo spreco. Comprare una lampadina fluorescente compatta vuol dire risparmiare i quattro quinti dell'energia. Acquistare un frigorifero di classe A+ al posto di quello vecchio fa guadagnare circa 80 euro l'anno. Togliere di mezzo le lucette degli stand by di decoder e televisioni elimina la necessità di costruire una centrale da 100 megawatt.

Mettendo assieme migliaia di comportamenti attenti e acquisti consapevoli si possono ottenere risultati importanti. Alla fine della scorsa legislatura, ad esempio, è stato lanciato, su proposta del presidente della commissione ambiente della Camera Ermete Realacci, un pacchetto di misure che puntava a un taglio di 2,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica e una crescita di 20 milioni di pezzi nel settore degli elettrodomestici ad alta efficienza. Un obiettivo a cui arrivare con una prima fase di incentivi a favore dell'acquisto di lavatrici e lavastoviglie di classe energetica non inferiore alla A e con una seconda fase basata su un divieto di vendita dei modelli obsoleti a partire dal primo gennaio 2010.

Secondo i dati di Ceced Italia, l'associazione nazionale produttori di apparecchi domestici e professionali, nel decennio 1995-2005 l'aumento di efficienza degli elettrodomestici ha già permesso all'Europa di risparmiare 34 miliardi di chilowattora, che corrispondono a 17 milioni di tonnellate di anidride carbonica. E' come se si fossero eliminate 9 centrali termoelettriche da 500 megawatt o 5 milioni di auto dalle strade.

Ma, nonostante questo miglioramento, esistono ancora margini significativi per l'aumento di efficienza. Se nelle case europee venissero sostituiti i 188 milioni di elettrodomestici che hanno superato i dieci anni, si realizzerebbe un ulteriore risparmio di elettricità pari a 44 miliardi di chilowattora, cioè a 22 milioni di tonnellate di anidride carbonica: è il 6 per cento degli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto.

giovedì 13 marzo 2008

Apat: Citta' italiane un poco piu' verdi

Rapporto Apat:
Città italiane più virtuose, più verde, meno consumo acqua


11 marzo 2008
http://www.reuters.it/

ROMA (Reuters) - Tra il 2000 e il 2006 le città italiane con oltre 150mila abitanti hanno visto aumentare la superficie destinata a verde pubblico, diminuire il consumo di acqua per uso domestico e calare anche l'inquinamento da polveri sottili, anche se la situazione dell'aria resta critica.

Lo dice il rapporto sulla qualità dell'ambiente urbano presentato oggi a Roma dall'Apat, l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente. Secondo lo studio, in 23 delle 24 città che contano oltre 150mila abitanti - a parte Messina - è cresciuta in sei anni la percentuale di superficie cittadina destinata a verde pubblico.

L'incremento più forte è stato registrato in una città in questi mesi pur nel mirino per l'emergenza-rifiuti, Napoli. Tra il 2000 e il 2006, infatti, la città partenopea ha registrato un aumento delle aree verdi di quasi il 20% (il 19,5%). Per quanto riguarda la percentuale di aree "verdi" sul totale della superficie cittadina, al primo posto della classifica c'è Cagliari, col 53%. Ma se si guarda al numero di metri quadrati verdi per cittadino, allora in testa c'è Verona, con 363 m2.

Gli incerementi minori di verde pubblico si registrano in quattro grandi città del Sud, tre delle quali in Puglia: Bari, Taranto, Foggia e Reggio Calabria.

Altro dato positivo registrato dal rapporto Apat - che però non ne fornisce spiegazioni precise - è la tendenza alla diminuzione del consumo domestico di acqua, sceso in media dai 75,3 metri cubi del 2000 ai 69,4% del 2006. Le città più virtuose sono Livorno, con 47,4 m3 per abitante, Foggia (48,7) e Prato (50,3), mentre al contrario consumano di più Torino, con 88,8 metri cubi, Brescia (84,4), Roma (83,4).

Sul fronte dell'inquinamento atmosferico, dice lo studio dell'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente, diminuisce in una percentuale assai variabile l'emissione di polveri sottili (le cosiddette Pm10) in tutte le città- Ma se a Brescia il calo è del 67%, a Taranto è solo del 4%. E diminuisce il contributo all'inquinamento da parte del trasprto su strada, pubblico o privato che sia. Calano infatti, rispetto al 2000, le emissioni di ossidi di azoto (44%) e di zolfo (82%), monossido di carbonio, benze e ammoniaca.

In tutte le città, aumaneta la presenza di auto meno inquinanti. Le Euro 4 rappresentavano nel 2006 complessivamente oltre il 10% del parco-macchine delle 24 grandi città, con una punta del 24,6% a Roma.

Resta però il fatto che nel 2006 in 13 aree urbane sono stati superati più di 35 volte i valori limiti giornalieri di Pm10.

Aumenta, nelle grandi città, la produzione di rifiuti, mediamente del 5,1%. Un dato, dice l'Apat, che però è inferiore a quello nazionale registratoi nello stesso periodo (8,9%). La spiegazione, per il rapporto, starebbe in realtà nella diminuzione della popolazione compelssiva delle città metropolitane, visto che nel 2006 i cittadini in questione hanno prodotto a testa 66 chili di immondizia.

Per quanto riguarda la raccolta differenziata, la città più virtuosa era nel 2006 Padova, con il 39% di immondizie riciclate, mentre sotto il 10% restavano le principali città del Sud, come Napoli, Messina, Cagliari e Catania.

Nel capitolo energia, infine, aumenta complessivamente il consumo pro capite di gas metano a uso domestico, più 6,7% in sei anni. Si consuma di più a Palermo (84,8 metri cubi, più 40,3% dal 2000 al 2006), Genova e Bari; meno invece a Milano, Brescia e Cagliari.

Ma il capolugo sardo è la prima città per incremento dell'energia elettrica, con un consumo pro capite di 1559,5 kwh, seguita da Roma. Città più "risparmiosa"di corrente risulta inveceFoggia, con 843,65 kwh.


APAT - IV Rapporto aree urbane

Robecco: Dibattito sul solare

Con il Patrocinio del Comune di Cassinetta di Lugagnano

Parole sull'acqua: sabato 15 Marzo
MOLTO DI NUOVO SOTTO IL SOLE
Prima giornata sulle risorse rinnovabili

http://www.liblab.org/

Parole sull'acqua diventa più ampio e più ricco: il consueto dibattito serale sarà infatti preparato da una giornata di lavori, e il libro che dà lo spunto non è una proposta del mercato editoriale ma una guida tecnica.
Tema chiave sono le opportunità, prospettive e ambiguità del sole come fonte di energia pulita.

Si comincia alle 14.00 a Robecco sul Naviglio, presso il Circolo Cooperativo di via Roma 21.
Qui verrà realizzato un laboratorio di Autocostruzione Solare che insegna a costruire da sé un pannello solare in casa. Il laboratorio durerà fino alle 19.30 e sarà tenuto dagli ingegneri della Rete per l'autocostruzione del solare termico.
I partecipanti riceveranno un attestato di frequenza e un manuale + cd.
I posti sono limitati e per iscriversi è necessario contattare l'organizzazione all'indirizzo info@liblab.org.

Il manuale + cd per l'autocostruzione di pannelli solari sarà la scintilla della serata di Parole sull'acqua.


Per chi non volesse o non potesse prendere parte al laboratorio:

Dalle ore 21.00, presso la Sala Consiliare di Cassinetta di Lugagnano il regista Alessandro Acito guiderà un dibattito aperto sul fotovoltaico cui parteciperanno, tra gli altri:
  • Bruno Tommasini (ingegnere della Rete per l'autocostruzione del solare termico)
  • Ivan Roncelli (rappresentante de La 220 azzurra, una delle prime società a promuovere le energie rinnovabili in Italia)
  • Andrea Di Stefano (direttore della rivista indipendente di economia Valori e collaboratore di Popolare Network)
  • Christian Novak (urbanista, docente del Politecnico di Milano).
Come di consueto, letture e dibattiti saranno accompagnati da foto, video e musiche, e dalle proposte gastronomiche della Rete dei Gruppi di Acquisto Solidale "I fontanili".

-> Scarica il volantino

martedì 11 marzo 2008

Kyoto: L'Italia paga 5mln al giorno per i mancati traguardi

Questo il costo del ritardo sugli obiettivi di Kyoto

L’Italia dal 1° gennaio 2008 ogni giorno ha un costo di 5.400.000 € (63 € al secondo) per il mancato raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Il contatore nel sito internet del Kyoto Club visualizza in tempo reale la crescita di questo debito.

23 Gennaio 2008
http://www.kyotoclub.org/


L'Italia sta accumulando un debito di oltre 5 milioni di euro al giorno (5,4 milioni di euro) per lo sforamento delle emissioni di CO2 rispetto all'obiettivo previsto dal Protocollo di Kyoto.

Per la precisione, dal 1° gennaio 2008 il debito è di 63 € ogni secondo e al 23 di gennaio abbiamo già superato i 120 milioni di euro che diventeranno quasi 2 miliardi di euro a fine 2008.
La crescita del debito (per ogni tonnellata di CO2 abbiamo stimato un prezzo di 20 €) si può visualizzare in tempo reale dal contatore presente nel sito del Kyoto Club.

Questo costo deriva dal divario di oltre 90 milioni di tonnellate di CO2 che ci separa dagli obiettivi di Kyoto, con un livello di emissioni del 12% superiore rispetto al 1990. Va ricordato che nel periodo di adempimento 2008-2012, la quantità di emissioni assegnate all'Italia è pari a 483 Mt CO2 eq (-6,5% rispetto al 1990).

Questa è un'emergenza pesante in termini economici, di immagine e di mancate opportunità. Paghiamo dieci anni di sottovalutazione del problema climatico e di una notevole superficialità rispetto all'entrata in vigore del Protocollo.
Poiché ogni ulteriore ritardo comporterà costi crescenti sarà fondamentale che le istituzioni mettano al centro delle politiche del paese la questione climatica, con conseguenti scelte oculate su efficienza energetica, utilizzo delle fonti rinnovabili e trasporti.

Cina: Da oggi anche un ministro per l'ambiente

Il governo di Pechino ha costituito oggi il ministero dell'Ambiente

11 marzo 2008
http://www.ilsole24ore.com/

La Cina creerà per la prima volta un ministero per l' ambiente, fondendo l' attuale « ufficio per l' ambiente» con altre agenzie governative e dotandolo di maggiori poteri. Lo ha annunciato oggi il segretario del Consiglio di Stato (il governo) Hua Jianmin parlando agli oltre duemila deputati all' Assemblea Nazionale del Popolo (Npc), il Parlamento di Pechino.
La creazione del nuovo ministero è parte di una riforma della struttura del governo che vedrà anche la nascita di altri quattro «superministeri» costruiti con lo stesso criterio: uno per l' Industria e l' informatica, uno per le Risorse umane e la sicurezza sociale, uno per le Costruzioni e uno per i Trasporti.
Ciascuno dei «superministeri» sarà formato accorpando agenzie ed uffici governativi già esistenti, i cui poteri verranno fortemente ridotti dalla riforma. Per questo si ritiene che il progetto è destinato ad incontrare una forte resistenza da parte della burocrazia.
La riforma coincide con l' entrata nel governo di numerosi esponenti della generazione dei cinquantenni tra cui Li Keqiang, considerato il più probabile successore del primo ministro Wen Jiabao. Gli analisti affermano che la riforma consentirà a Wen un controllo più diretto su una serie di settori chiave come quelli dell' ambiente e dell' energia. Ieri il campione etiope della maratona, detentore del record del mondo, Haile Gebrselassie ha annunciato che non correrà la maratona olimpica di Pechino per il troppo inquinamento.

giovedì 6 marzo 2008

Abbiategrasso: Conferenza sui rifiuti

RIFIUTI: NESSUNA ALTERNATIVA ALL’INCENERITORE?


Da qualche settimana stampa ed Amministratori locali sono tornati a parlare di inceneritore, certi del fatto che l’unica soluzione alla gestione dei rifiuti sia quella di bruciarli.
Noi della Rete dei Gruppi di Acquisto Solidale dei Fontanili, convinti che l’argomento riguardi tutti i Cittadini ed il territorio, abbiamo riflettuto insieme sulla questione, ragionando circa l’opportunità o meno che ad Abbiategrasso entri in funzione un inceneritore.
Non identificandoci in alcun “comitato per il NO”, ma cercando di essere propositivi e costruttivi, abbiamo fatto tesoro delle nostre riflessioni e dei nostri dubbi dai quali sono scaturite idee e, soprattutto, proposte.
Abbiamo constatato che la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti ad Abbiategrasso resta al di sotto del 20% (percentuale più bassa tra tutti i Comuni della Provincia di Milano, Milano compresa), mentre la normativa fissa obiettivi diversi (65% entro l’anno 2012) ed i Comuni limitrofi più virtuosi effettuano la raccolta differenziata porta a porta, raggiungendo una percentuale media del 57%.
Ad Abbiategrasso la raccolta si effettua con cassonetti stradali, sistema poco efficace nell’intercettare i diversi flussi di materiali (carta, plastica, vetro, mentre l’umido non viene differenziato), sistema che incentiva il fenomeno delle piccole discariche stradali, con conseguenze igieniche ed estetiche.
Abbiamo riflettuto sul tipo di impianto previsto (progetto di AMAGA del 2003): un gassificatore con il quale, dalla combustione dei rifiuti, si produce una miscela di gas che a sua volta deve essere bruciata per produrre energia (tecnologia sperimentale, che funziona su materiali omogenei, ma poco affidabile nel trattare rifiuti urbani, come hanno dimostrato le fallimentari esperienze già attuate in Italia). Rimarrebbe poi il problema delle scorie e delle ceneri prodotte che, classificate come rifiuti speciali, necessitano lo smaltimento in apposite discariche.
Analizzando i costi di costruzione e gestione, sorgono poi dubbi sulla reale sostenibilità economica di un simile impianto (data anche l’abrogazione del sostegno statale sull’energia elettrica prodotta dagli inceneritori): per avere un effettivo guadagno, l’impianto rischierebbe di dover bruciare rifiuti più convenienti (rifiuti speciali quali, ad esempio, gli ospedalieri).
Noi sosteniamo che sarebbe più opportuno puntare sulla raccolta differenziata porta a porta, piuttosto che sul gassificatore, e riflettere sulla possibilità di creare un nuovo comparto produttivo legato alla selezione e valorizzazione dei materiali raccolti, ubicato nel sito previsto per l’inceneritore, ad impatto ambientale pressoché nullo (senza alcun tipo di emissione). Esperienze virtuose di questo tipo esistono e funzionano (è il caso del Centro Riciclo Vedelago in Provincia di Treviso).
Per continuare a riflettere e incoraggiare proposte virtuose, invitiamo i Cittadini interessati a partecipare all’incontro organizzato dal nostro Gruppo, che si terrà ad Abbiategrasso Venerdì 7 Marzo alle 21.00.
Parteciperà Roberto Cavallo, esperto di gestione dei rifiuti e organizzatore di sistemi di raccolta differenziata. Sono invitati ad intervenire Amministratori locali e Responsabili dei servizi di gestione dei rifiuti.

-> Qui il volantino

Maggiori informazioni (programma e luogo nel quale si svolgerà l’incontro) sono disponibili sul sito internet www.retegasfontanili.it


Rete GAS dei Fontanili

mercoledì 5 marzo 2008

Dopo il mondo, il solare di Rubbia anche in Italia

Sbloccati 20 mln per il solare termodinamico

Si insedia oggi nella sala Europa del ministero dell’Ambiente il pool di esperti guidati dal premio Nobel Carlo Rubbia con il compito di promuovere e diffondere le nuove fonti rinnovabili con particolare riferimento al solare a concentrazione

Si era tenuta lo scorso 3 dicembre, la presentazione della task force, istituita dal Ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio per la diffusione delle fonti rinnovabili in Italia ed in particolare del solare termodinamico a concentrazione. Presieduta dal professor Carlo Rubbia, consulente del Ministro per le fonti rinnovabili, la commissione si è stabilita oggi nella sala Europa del Ministero per incominciare a predisporre un piano di sviluppo e di coordinare le attività contenute dei protocolli d’intesa sottoscritti con le regioni italiane. “Dando seguito a quanto previsto della legge Finanziaria ho firmato oggi il decreto che sblocca 20 milioni per il solare termodinamico e altri 20 milioni per le altre energie rinnovabili”- ha annunciato il ministro dell’Ambiente, intervenuto alla riunione d’apertura – “Chiederò inoltre al ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani la piena collaborazione per portare a termine l’iter del decreto di incentivazione per questa tecnologia amica dell’ambiente”. Il premio Nobel Rubbia ha dichiarato che “saranno immediatamente avviate le attività di collaborazione con gli enti di ricerca, le imprese del settore e le amministrazioni locali per la realizzazione di una prima serie di impianti nelle regioni interessate”. Calabria, Lazio e Puglia sono state le prime regioni a sottoscrivere i protocolli d’intesa con il Ministero dell’Ambiente per dare il via ad un vero e proprio piano per la diffusione di questa tecnologia, candidandosi ad ospitare i primi progetti pilota di impianti per la produzione di energia solare.

Roma, 22 febbraio 08 http://www.rinnovabili.it/

martedì 4 marzo 2008

Tecnologia quanto mi costi

Secondo le stime dell’ONU, rese note dall’associazione ambientalista Greenpeace, vengono prodotti l’anno 20-50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici.

di Francesco Bizzini
lunedì 3 marzo 2008

Un destino sconosciuto.
Il problema nasce quando si scopre che nel nostro continente solo il 25 percento di questi rifiuti finiscono in un ciclo di riciclaggio coerente ed efficiente.
Di certo, a livello mondiale, la colpa di questa negligenza è distribuibile a quasi tutte le latitudini.

Pure la stessa Unione Europea, soggetta a regolamentazioni molto rigide in materia, non ha in mano dei dati precisi su dove finisca più del 75 per cento dei rifiuti elettronici prodotti.
Negli States addirittura la percentuale potrebbe essere ancora superiore, fino a picchi dell'80 per cento, contando che oltretutto una quota dei rifiuti in questione viene esportata.
Chi per i noti attivisti dell’ambiente versa in una condizione tragica sono i continenti in via di sviluppo:

“Nei paesi di recente industrializzazione è quasi impossibile stimare la percentuale di rifiuti elettronici che sfugge a qualsiasi forma di trattamento o gestione”.

La tragedia ha quindi il volto dei poveri.
Infatti, per esempio, i lavoratori asiatici, forzati a disassemblare questi rifiuti a mani nude, sono i più esposti all’intossicazione derivante alla miscela dei composti chimici tossici che si celano nelle nostre tecnologie.
Sotto gli occhi di tutti c’è poi anche la breve vita della tecnologia moderna.
Il veloce ricambio delle nuove tecnologie diventa un involontario incentivo all’inquinare il pianeta se non s’interverrà con delle politiche di riciclo globale.

Gli attivisti di Greenpeace individuano non tanto i colpevoli, ma chi in futuro dovrebbe metterci seriamente gli occhi per vigilare:

“L'unica soluzione al problema dei rifiuti elettronici è il principio della responsabilità del produttore, quest’ultimi devono aumentare il loro impegno per raccogliere e trattare gli scarti correttamente, introdurre programmi volontari di ritiro dei prodotti in disuso e rimuovere le sostanze pericolose dai propri articoli già nel ciclo di produzione in modo da agevolare le operazioni di riciclo e recupero dei materiali in essi contenuti”.

giovedì 28 febbraio 2008

Disimballiamoci 2008

La campagna per l'educazione al risparmio di imballaggi inutili e insensati

L'immagine della campagnaI recenti fatti avvenuti in Campania hanno riportato prepotentemente in primo piano sui media nazionali le questioni legate allo smaltimento dei rifiuti. Il caso limite e paradossale dell'emergenza Campania - frutto prevedibile di politiche inesistenti e rimpalli di responsabilità che hanno fatto la fortuna di ecofurbi ed ecomafiosi - ci conferma quanto già sappiamo: i rifiuti costituiscono una delle più gravi emergenze ambientali con cui non solo l'Italia si trova a fare i conti.


Lo stile di vita adottato e il modello produttivo nei paesi industrializzati produce montagne di rifiuti per le quali è sempre più complicato trovare una sistemazione. Un problema planetario dai costi ambientali altissimi che possono essere abbattuti significativamente applicando la politica delle 4R - Riduzione, Riutilizzo, Riciclaggio, Recupero di energia - snodo fondamentale della strategia sulla gestione dei rifiuti della Comunità Europea. La riduzione della produzione dei rifiuti a monte resta la prima e fondamentale questione da affrontare. In Italia ancora è stato fatto troppo poco in questo senso. Secondo i dati di Apat e Osservatorio nazionale sui rifiuti infatti tra il 2003 e il 2006 la produzione dei rifiuti urbani in Italia è aumentata dell'8,3%.

Anche noi possiamo concorrere ad invertire la tendenza. Basta una riflessione: quando portate a casa la spesa quante sono le cose che dalla busta del supermercato vanno direttamente nella pattumiera? La scatola di cartone del dentifricio, il cartone che tiene insieme le tre lattine di pelati, il polistirolo e la plastica in cui confezionano frutta, verdura, formaggi... la lista potrebbe essere lunghissima! Parliamo di migliaia di tonnellate di rifiuti inutili che potremmo risparmiare alle nostre tasche e alla salute del Pianeta. E' per questo che proponiamo ai nostri circoli un'azione compatta di informazione e sensibilizzazione, la parola d'ordine è DISIMBALLIAMOCI! Basta con gli sprechi inutili, basta con le chiacchiere, cominciamo noi, subito, adesso, a diminuire i rifiuti. Se siamo tanti e uniti possiamo influenzare il mercato con acquisti consapevoli, meno impattanti, che incidono meno nei nostri bilanci.

Sabato 1 marzo 2008 saremo in tanti fuori ai supermercati a caccia di imballaggi inutili. A quattro anni dall'ultima edizione vogliamo rilanciarla di nuovo in tutta Italia. Incontriamo le persone davanti ai supermercati per orientarli verso l'acquisto di prodotti che tengono in conto la salute del Pianeta. Lasciatevi guidare dal vostro entusiasmo e fantasia nell'inventare azioni utili ad attirare l'attenzione, come piccoli laboratori estemporanei per riutilizzare gli imballaggi. Alla fine della giornata dopo l'opportuna separazione degli imballaggi inutili avvieremo il tutto al circuito virtuoso della raccolta differenziata per il successivo riciclaggio.

http://www.legambiente.eu/

mercoledì 27 febbraio 2008

Nuovo Codice Ambientale Italiano

Ecosistemi e beni culturali dovranno essere garantiti dagli enti e dalle persone fisiche e giuridiche
Ecco il nuovo codice per tutelare l’ambiente

Le attività umane devono conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile per garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non comprometta la qualità della vita delle generazioni future

di Paolo Feliciotti

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 29 gennaio, il decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, che reca ulteriori disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “norme in materia ambientale”. Il nuovo codice dell’ambiente, così integrato, nella parte prima “disposizioni comuni e principi generali”, reca i principi generali che costituiscono il riferimento per la produzione normativa ambientale e sancisce che i principi ambientali possono essere modificati o eliminati soltanto mediante espressa previsione di successive leggi della Repubblica italiana, purché sia comunque sempre garantito il corretto recepimento del diritto europeo. Con questa premessa viene introdotto il principio dell’azione ambientale, secondo il quale la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga», che ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della Comunità in materia ambientale.

L’emendato art. 3 del nuovo codice dell’ambiente sancisce che ogni attività umana debba conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future, consentendo di individuare un equilibrato rapporto tra risorse ereditate, risorse risparmiate e quelle da trasmettere, affinché nell’ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca il principio di solidarietà, per salvaguardare e migliorare la qualità dell’ambiente anche in futuro. Con ciò, un ruolo fondamentale è attribuito alla pubblica amministrazione che, in caso di scelta comparativa di interessi pubblici e privati, deve indirizzare la propria attività verso scelte finalizzate che consentano la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, tenendo in prioritaria considerazione gli interessi di tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale. Nella parte seconda del nuovo codice dell’ambiente vengono riscritte le procedure per la valutazione ambientale strategica (Vas), per la valutazione dell’impatto ambientale (Via) e per l’autorizzazione integrata ambientale (Ippc).

Nell’ambito della valutazione dell’impatto ambientale sono individuate le modalità di semplificazione e coordinamento delle procedure autorizzative in campo ambientale ivi comprese le procedure in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento. La valutazione ambientale di piani, programmi e progetti, deve assicurare che l’attività antropica sia compatibile con le condizioni di sviluppo sostenibile; in maniera tale da garantire quindi il rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, la salvaguardia della biodiversità e di un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attività economica, oltre che affrontare la determinazione della valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attività normative e amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione. In tale ambito la valutazione ambientale di piani e programmi, che possono avere un impatto significativo sull’ambiente, deve garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente oltre a contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali, sia in fase di progettazione che di adozione, assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.

La valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema, in quanto risorsa essenziale per la vita. A tale scopo vengono individuati in modo appropriato, per ciascun caso particolare, gli impatti diretti e indiretti di un progetto sui specifici fattori: l’uomo, la fauna e la flora, il suolo, l’acqua, l’aria e il clima; i beni materiali ed il patrimonio culturale; l’interazione tra i fattori specifici elencati. La valutazione ambientale di piani e programmi, definita Vas (valutazione ambientale strategica), riguarda piani e programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale. Questa si sostanziai in quel processo, propedeutico alla realizzazione di un’opera, che prevede la verifica di assoggettabilità dell’opera attraverso l’elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l’espressione di un parere motivato, l’informazione sulla decisione ed il monitoraggio.

La valutazione d’impatto ambientale (Via), riguarda quei progetti che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale e concerne la valutazione degli aspetti ambientali dei progetti, volta a prevedere una verifica di assoggettabilità attraverso la definizione dei contenuti dello studio d’impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del progetto, dello studio e degli esiti delle consultazioni, l’informazione sulla decisione ed il monitoraggio.
Il legislatore ha voluto dedicare un apposito articolo alla interpretazione delle definizioni normative adottate dal codice; così il concetto di impatto ambientale trova una chiara univoca e definitiva spiegazione nell’alterazione qualitativa e o quantitativa diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell’ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti.

Sono inoltre previste le rispettive sfere di competenza di Stato e Regioni per l’individuazione dell’autorità competente, cioè della pubblica amministrazione cui compete l’adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità, l’elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi e l’adozione dei provvedimenti conclusivi; è inoltre previsto dal rinnovato codice dell’ambiente che le Province autonome di Trento e Bolzano adottino i criteri per l’individuazione degli enti locali presso i quali dovranno essere realizzate opere di carattere ambientale ed anche per l’individuazione dei soggetti competenti in materia ambientale. Il provvedimento di valutazione d’impatto ambientale fa luogo dell’autorizzazione integrata ambientale per i progetti per i quali la relativa valutazione spetta allo Stato. Le regioni e le province autonome assicurano che, per i progetti per i quali la valutazione d’impatto ambientale sia di loro attribuzione, la procedura per il rilascio di autorizzazione integrata ambientale sia coordinata nell’ambito del procedimento di Via.

Il procedimento di valutazione dell’impatto ambientale si conclude nei successivi centocinquanta giorni alla presentazione dell’istanza, con provvedimento espresso e motivato dell’autorità competente. L’inutile decorso dei termini implica l’esercizio del potere sostitutivo da parte del consiglio dei Ministri che provvede su istanza delle amministrazioni o delle parti interessate. Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale sostituisce, o coordina, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l’esercizio di un opera o intervento. Il provvedimento contiene le condizioni per la realizzazione, esercizio e dismissione dei progetti, nonché quelle relative ad eventuali malfunzionamenti. In nessun caso può farsi luogo all’inizio dei lavori senza che sia intervenuto il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale. I provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.

L’autorità competente esercita il controllo sull’osservanza delle prescrizioni impartite in sede di verifica di assoggettabilità e di valutazione. In caso di accertamento di violazioni delle prescrizioni impartite l’autorità competente può sospendere i lavori ed ordinare l’adeguamento dell’opera. In caso di piani, programmi o progetti che possono avere impatti rilevanti sull’ambiente di un altro Stato, o qualora un altro Stato così richieda, il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il ministero per i beni e le attività culturali e con il ministero degli Affari esteri e per suo tramite, ai sensi della Convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero (stipulata a Espoo il 25 febbraio 1991 e ratificata ai sensi della legge 3 novembre 1994, n. 640), provvede alla notifica dei progetti e di una sintesi della documentazione concernente il piano, programma e progetto. Una profonda rivisitazione del testo del decreto legislativo 152/2006 è operata dall’art.2, che innova il concetto di rifiuto e la relativa attività di recupero e provvede alla riorganizzazione dell’Osservatorio nazionale sui rifiuti. Il codice provvede anche a rinnovare il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche e detta nuove disposizioni per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo. Una complessa attività del legislatore che ha innovato il diritto dell’ambiente e ha apportato una specifica disciplina per l’attività di progettazione ambientale e per la realizzazione di opere che impattano sull’ambiente e sul patrimonio paesaggistico del nostro Paese.